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9/12/2017

NOVE MESI DI MECCANOSCRITTO

 

Il romanzo storico ipercollettivo che parla degli operai con le parole degli operai è uscito nove mesi fa. Il tempo di una gravidanza in cui si sono susseguite poco meno di trenta presentazioni in giro per l’Italia, una ristampa, una miriade di commenti fra i lettori, delle sedute di lettura collettiva del testo, e una pièce teatrale, Meccanicosmo, che si è innestata nel più ampio progetto di Ritratto di una nazione, lo spettacolo sul lavoro andato in scena a settembre sul palco del Teatro Argentina di Roma.

   La prossima presentazione avverrà al Centro Culturale Concetto Marchesi di Milano, il 16 dicembre, nell’ambito di una giornata dedicata a Giuseppe Sacchi a un anno dalla scomparsa.

 

   E poi, la stampa. Tra articoli di giornale, recensioni, passaggi televisivi e radiofonici, abbiamo raccolto circa una ventina di contributi, tutti disponibili qui.

   Per i distratti, ecco un riassuntone.

 

«Gli operai raccontano sé stessi con una consapevolezza forse perfino maggiore  che nei mitici anni Sessanta» (Massimo Franchi, l’Unità)

 

«Non più l’approccio solitario al foglio bianco, ma un giustapporsi di pensieri e idee che siano elaborate all’unanimità; è proprio il senso della coesione quella che si vuole sottolineare con questo esperimento, una coesione che negli anni ’60 si sentiva forte, che usciva dalla vita della fabbrica e si riproduceva all’esterno di essa nel senso di appartenenza, una coesione che si è andata sfaldando nel tempo e che sembra riprendere forma solo ora(Martina Sacchi, Viaggio nello scriptorium)

 

«Le storie di oggi parlano di un lavoro sulla difensiva, ma narrano anche di una continuità tra generazioni che vive nel racconto e nel racconto resiste(Alessandro Santagata, il manifesto)

 

«Trovate le carte, Brentari si convince subito della necessità di farle conoscere, di dare loro la notorietà che meritano […] “Dobbiamo ripubblicarli” dice Brentari a Debora Migliucci, la responsabile dell’Archivio del Lavoro che ha sede a Sesto San Giovanni e che custodisce la memoria storica del sindacato. […] Non un’antologia, non una raccolta di racconti, ma un intreccio che ripropone due epoche storiche messe allo specchio: il periodo in cui le lotte sindacali erano in fase offensiva, esplorato con una modalità di scrittura individuale; e il mondo del lavoro al giorno d’oggi, rovesciato rispetto ad allora, in cui le battaglie sindacali sono in fase difensiva e che viene raccontato con una narrazione collettiva.» (Luca De Vito, Repubblica)

 

«Cari miei, le lotte di ieri sono esattamente le lotte di oggi: i capitalisti, i ‘padroni’ di ieri, oggi forse hanno altri nomi, sono impalpabili, non impugnano più la pistola per sparare contro gli operai, usano mezzi più subdoli, sinuosi. Si sono impadroniti, per esempio, della politica, non la fronteggiano più, la manipolano, ma il risultato è, per chi lavora, sempre lo stesso: la sopraffazione. Bene lo hanno compreso Ivan Brentari, il curatore di questo libro fenomenale, Wu Ming 2, spalleggiatore eccellente, e gli eccellenti spalleggiatori del Collettivo MetalMente. Sono partiti da una curiosità, un concorso letterario bandito dalla FIOM negli anni 60, per ripercorrere, narrativamente, la storia di alcune lotte operaie dell’Italia di allora, intrecciandole con scritti ‘metalmeccanici’ di oggi e con il racconto, per molti versi agghiacciante, dell’evoluzione storica del sopruso padronale. Intercalando poi con infra-racconti legati ai titoli dei giornali dei tempi, come cartine di tornasole rivelatrici di come si fa a rigirare la frittata, i responsabili di tutto ciò hanno prodotto da una apparente frammentazione un progetto solidissimo, uniforme, e un libro di impressionante forza.» (Franco Foschi, Carmillaonline)

 

«A leggere i racconti verrebbe da dire: è cambiato tutto ma non è cambiato niente. Da un lato un'Italia in pieno boom, con i sindacati che riescono a scalfire il potere dei padroni, dall'altro un'Italia precaria, in cui i sindacati sono sulla difensiva e lottano contro la chiusura delle fabbriche. Ma proprio aver scelto dei racconti, e non la ricerca sociologica, ci fa capire cosa unisce queste due fasi storiche così diverse: quelli che lavorano nelle fabbriche sono persone. Persone obbligate, ieri come oggi, a lottare per vedere rispettata la propria dignità.» (Michael Braun, Internazionale)

 

«Gli operai messi in scena non sono perfetti. Non sono mitizzati. Sono uomini e donne con ossessioni, difetti, dipendenze: a volte sono spacconi, a volte volgari, di certo non rientrano in alcuno stereotipo. Ma nessuno di essi è vile e meschino. Tutti hanno coscienza di classe, o la sviluppano strada facendo(Giorgio Fontana, A rivista anarchica)

 

«Le carte del premio le ha ritrovate Ivan Brentari frugando negli scaffali dell’Archivio del Lavoro di Sesto San Giovanni, e poi ha coinvolto Wu Ming 2 e il collettivo MetalMente per mettere insieme un libro con storie di allora e di oggi a conservare la memoria di mezzo secolo di lotte per capire la situazione presente.

Ne esce un panorama imprevisto di quella che allora si chiamava la cultura “di classe”, costretta a raccontare le esperienze di vita con una lingua che timidamente si avventurava oltre l’ordine e i valori della scuola borghese, e oggi, invece, assai più duttile e libera, descrive il presente con spiazzante disincanto. Il magistero neorealista della letteratura impegnata veste da festa i racconti di fabbrica, pur faticando a restituirci le emozioni e i desideri di questi operai di prima generazione; poi la lingua si evolve, le lotte e i loro obiettivi smarriscono quell’urgenza che le rendeva incandescenti e cresce il timore di trovarsi di fronte a una progressiva e definitiva deindustrializzazione.» (Cesare De Michelis, Il Sole 24 Ore)

 

«Due momenti si fanno apprezzare senza riserve, in quell’andirivieni di enormi torri lavorative. Uno è quello di Wu Ming sulla vertenza della General Electric: con ironia e tenerezza riesce a resuscitare anche Yuri Gagarin dallo spazio, e Musella, Mazzarelli e Nigro fanno davvero ridere acido(Gianfranco Capitta su Meccanicosmo, il manifesto)

 

«Resosi conto di avere tra le mani qualcosa di raro e prezioso, Brentari inizia a ragionare su una nuova iniziativa […]. Da tale intuizione nasce così il collettivo MetalMente, sperimentale laboratorio narrativo coordinato da Wu Ming 2 tra il febbraio e l’ottobre del 2015, e realizzato insieme a un gruppo di lavoratori iscritti alla Fiom, autori dei cinque nuovi racconti. Ma, a differenza di quella del 1963, ora la scrittura diviene collettiva, composita e composta a più mani, per fare ancor più gruppo di fronte a un mondo, quello del lavoro di questo secolo, divenuto rappresentazione di frammentazioni e precarietà, anticamera di preoccupanti individualismi e pericolose solitudini.» (Emiliano Sbaraglia, rassegna.it)

 

«In questo «romanzo storico ipercollettivo», in questa «antologia di fiabe operaie», secondo alcune delle definizioni abbozzate dagli autori e che però vanno strette a loro stessi, c’è il passaggio di un’epoca. I racconti scritti cinquant’anni fa vennero sollecitati dalla Fiom Cgil di Milano sull’onda della lotta vittoriosa per il contratto. In quel momento c’era già nell’aria la miscela di elementi che avrebbe portato al varo dello Statuto dei lavoratori. I lavoratori avanzavano, miglioravano le proprie condizioni. E di questo guardare avanti quelle «fiabe» sono intrise. Il solo fatto che la Fiom abbia bandito un concorso letterario per operai, e che nella giuria figurassero i nomi di Umberto Eco e di Luciano Bianciardi, dà la dimensione di quale fosse lo spirito del tempo. Cinquant’anni dopo lo Statuto dei lavoratori è oggetto di uno smontaggio sistematico, il mondo del lavoro sotto attacco. E di questo nuovo spirito dei tempi sono innervati i racconti del collettivo MetalMente, autore delle «fiabe» degli anni dieci del duemila.» (Fabrizio Marcucci, ribalta.info)

 

«Interessante anche la drammaturgia di Meccanicosmo di Wu Ming 2 e Ivan Brentari, ben recitato da Lino Musella, Paolo Mazzarelli e Filippo Nigro; i lettori delle inchieste firmate dal collettivo riconosceranno la grana della scrittura, la postura storico-giornalistica: anche in questo caso si parla di una fabbrica, ma con l’obiettivo di costruire un ponte tra le lotte del passato e quelle del presente.» (Andrea Pocosgnich su Meccanicosmo, teatroecritica.net)

 

«Ognuno probabilmente lo leggerà in modo diverso ma ciò che resta significativo è la capacità di evocare e tenere insieme livelli di lettura così lontani. L’esperimento sembra pienamente riuscito.» (Claudia Sunna, sviluppofelice.com)

 

«Ne viene fuori qualcosa che potrebbe somigliare a un'antologia di fiabe operaie o a un romanzo storico ipercollettivo, un discorso a più voci, dove non è tanto importante la resa narrativa, spesso soggetta a quel desiderio di denuncia che avrebbe fatto pronunciare a Vittorini la formula di «scrittura sui muri» (in alcuni momenti sembra di leggere Tempi stretti di Ottieri), piuttosto l'idea di una scrittura comunitaria come di una collettività restituita a se stessa, compatta contro l'individualismo che sembra avere indebolito l'immagine del sindacato e, soprattutto, contro l'etica di un capitalismo che mostra il suo volto selvaggio proprio quando, come nei tempi recenti, avverte il rischio di sconfitta e o di smarrimento. Inutile affermare che le questioni di oggi sono legate a filo stretto con quelle di ieri.» (Giuseppe Lupo, L’Avvenire)

 

«I racconti di oggi non sono storie vissute, esperienze personali ma storie di invenzione su temi come la sicurezza del lavoro, o la solidarietà. Un esperimento di scrittura working class, si dice, dove a parlare di operai sono gli operai stessi.» (Paola Rizzi, cultweek.com)

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